Il Caso: una società proprietaria di un immobile sito al primo piano di un condominio installava un
grosso macchinario per il condizionamento dell’area sul terrazzino condominiale
senza il consenso del condominio, deturpando l’estetica dell’edificio e
cagionando inquinamento acustico oltre i limiti della normale tollerabilità. L’inquilino
del secondo piano, conveniva in giudizio con la società con ricorso ex art. 703
c.p.c. artt. 1168 e 1170 c.c. . Il Tribunale e la Corte d’Appello poi,
ritenevano non sussistere i profili della molestia consistente nella
limitazione e deturpazione della veduta fruibile del terrazzino; non
riscontravano un’alterazione del decoro architettonico, né inquinamento
acustico dato dal compressore del condizionatore. Così l’uomo ricorreva in cassazione
avverso tale pronuncia. La Suprema Corte ricorda che “l’eventuale rispetto
dei limiti previsti dalla legge non può fare considerare, senz’altro, lecite le
immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi in
relazione alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le
caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti”. Inoltre, una
volta riconosciuta l’intollerabilità delle immissioni sonore, il danno derivato
è da ritenersi in re ipsa e quindi non andrà dimostrato.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, 12 maggio 2015, n. 9660
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