Il diritto
all’abitazione è un diritto fondamentale dei cittadini europei, e il giudice nazionale
deve tenerne conto nella tutela dei consumatori contro le clausole abusive
contenute nei contratti stipulati con i professionisti. Di conseguenza, secondo
la Corte di Giustizie Ue (nella causa C-34/13), il giudice può bloccare in via provvisoria la
finanziaria che mette all’asta la casa familiare del consumatore, se rileva che
nel contratto di credito al consumo concluso tra le parti sono contenute clausole
abusive.
La Corte ha
preso in esame il caso di una consumatrice polacca che aveva concluso un
contratto di credito al consumo con una finanziaria, ipotecando, a garanzia del
credito, la sua casa di famiglia. In seguito, la consumatrice aveva presentato
ricorso contro la finanziaria per l’annullamento del contratto di credito al
consumo e del contratto costitutivo della garanzia, a causa del carattere
abusivo di alcune clausole contrattuali.
I giudici
comunitari hanno ricordato che le clausole
abusive (come quella, particolarmente gravosa per il consumatore e
vantaggiosa per il professionista, che prevede l’esecuzione stragiudiziale sul
bene immobile – prima casa – dato in garanzia del credito), sono vietate dalla
normativa europea (Direttiva
93/13/CEE), e
che gli Stati membri, a tutela dei consumatori, sono tenuti ad adottare
meccanismi adeguati ed efficaci per farne cessare l’applicazione. Inoltre,
bisogna prestare particolare attenzione nel caso in cui il bene gravato dal
diritto reale di garanzia sia l’immobile
che costituisce l’abitazione della famiglia del consumatore, dal momento
che il diritto all’abitazione è intangibile ed è garantito dalla Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione europea.
In
conclusione, in presenza di clausole
abusive nel contratto, il diritto all’abitazione prevale, e il giudice può
imporre uno stop alla finanziaria che abbia messo all’asta la casa familiare
del consumatore.