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Novità per il Marketing con La Direttiva EmpCo che si concentra anche sulla durabilità dei prodotti

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Il 17 gennaio 2024, il Parlamento Europeo ha dato il via all’approvazione di una proposta innovativa: la  Direttiva EmpCo, volta a rafforzare il potere dei consumatori nell’ambito della transizione verde. Questa  direttiva mira a mettere fine alla pubblicità ingannevole e a garantire ai consumatori un accesso migliore  alle informazioni sui prodotti, promuovendo così una maggiore consapevolezza ambientale. 

In particolare, la Direttiva EmpCo si propone di vietare pratiche di marketing nocive, notoriamente  associate al greenwashing, inserendole nell’elenco delle pratiche commerciali proibite a livello dell’Unione  Europea. Inoltre, si prevede l’introduzione di nuove disposizioni volte a fornire ai consumatori informazioni  più complete e trasparenti sulla sostenibilità dei prodotti che intendono acquistare. 

Con questo passo avanti, l’Unione Europea si impegna a promuovere uno sviluppo economico più  sostenibile e responsabile, offrendo ai consumatori gli strumenti necessari per fare scelte più consapevoli  

La Direttiva EmpCo deve ancora ricevere approvazione finale del Consiglio, verrà poi pubblicata sulla  Gazzetta Ufficiale. Gli Stati membri dell’UE avranno quindi 24 mesi per recepirne i contenuti nel diritto  nazionale (previsto nel 2026). 

I pillar di questa nuova Direttiva riguardano tematiche di ampia rilevanza sul tema della Sostenibilità.  Affermazioni ambientali e la naturale interconnessione con la Direttiva Green Claims 

Il Parlamento europeo ha approvato una modifica alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali, ampliando  l’elenco delle pratiche vietate per includere specifiche asserzioni ambientali, comunemente conosciute  come la “lista nera”. Questa modifica, nota come Direttiva EmpCo, definisce le “dichiarazioni ambientali”  come qualsiasi comunicazione commerciale che afferma o implica un impatto positivo, neutro o migliorato  sull’ambiente da parte di un prodotto, una categoria di prodotti, un marchio o un operatore. 

In sostanza, la Direttiva EmpCo vieta esplicitamente le seguenti pratiche: 

Fare afermazioni ambientali vaghe e generiche senza poter dimostrare prestazioni ambientali rilevanti per  la dichiarazione. Una “asserzione ambientale generica” viene definita come un’affermazione senza  specifiche aggiuntive. Questo significa che espressioni come “rispettoso dell’ambiente”, “ecologico”,  “verde”, “rispettoso del clima”, “rispettoso del carbonio” ed “efficiente dal punto di vista energetico”  possono essere utilizzate solo se il prodotto in questione ha dimostrato prestazioni ambientali eccellenti, ad  esempio attraverso il rispetto di schemi di etichettatura ecologica ufficialmente riconosciuti. 

Una vera rivoluzione semantica che il mondo del marketing e della comunicazione aziendale, prima di altri,  deve imparare a gestire.  

Sostenibilità = trasparenza estrema 

Certificare la sostenibilità di un marchio implica la volontà di garantire trasparenza, equità e affidabilità nel  processo di valutazione delle sue caratteristiche ambientali e sociali. Questo significa adottare un marchio di fiducia e di qualità, che miri a promuovere e distinguere un prodotto o un’Azienda in base ai suoi impatti  positivi sull’ambiente e sulla società 

Dichiarare che un prodotto ha un impatto ambientale neutro, ridotto o positivo in termini di emissioni di  gas serra basandosi sulla compensazione delle emissioni di gas serra è discutibile. Quante volte abbiamo  letto in messaggi pubblicitari l’espressione “Carbon Offset”? Espressioni come “climaticamente neutrale”,  “certificato CO2 neutrale”, “carbonio positivo”, “clima netto zero”, “compensato dal punto di vista  climatico”, “impatto climatico ridotto” e “impronta di CO2 limitata” dovrebbero essere utilizzate solo se  supportate da un’analisi accurata del ciclo di vita del prodotto stesso, anziché solamente dalla  compensazione delle emissioni di gas serra. Come spesso diciamo noi in Adiconsum “per essere sostenibili  non basta Piantare Alberi” per raggiungere l’obiettivo.  

È altrettanto importante evitare dichiarazioni ambientali che riguardino l’intero prodotto o l’intera attività  di un operatore commerciale, quando in realtà si applicano solo a determinati aspetti o fasi di vita del  prodotto. La sostenibilità è tale solo quando riguarda il prodotto “dalla culla alla tomba”. Cioè lungo tutto il  ciclo di vita del prodotto. Ad esempio è fuorviante affermare che un prodotto alimentare è sostenibile se,  per esempio il packaging non è compostabile. Tuttavia, ciò non dovrebbe vietare l’utilizzo di dichiarazioni  ambientali riguardanti l’intera azienda, purché siano accurate, verificabili e non esagerino i benefici  ambientali effettivi. 

Inoltre, secondo quanto stabilito dalla Direttiva EmpCo, è necessario che gli, quando presentano proiezioni  future riguardanti le performance ambientali (come ad esempio l’obiettivo di diventare “Climate Neutral  entro il 2050”), esprimano obiettivi chiari, concreti, facilmente accessibili al pubblico, misurabili e dotati di  una data di scadenza. Questi obiettivi devono essere sottoposti a verifiche regolari da parte di un ente terzo  indipendente e competente nel settore, il cui resoconto deve essere reso disponibile ai consumatori. 

 

Durabilità dei prodotti driver di sostenibilità 

La Direttiva EmpCo si focalizza a anche sulla durabilità dei prodotti. Prodotti più duraturi richiedono meno  sostituzioni, riducendo la quantità complessiva di rifiuti generati. Ciò aiuta a preservare le risorse naturali e  a limitare l’impatto ambientale associato alla produzione e allo smaltimento dei prodotti. 

Per questo motivo è previsto l’inserimento nella “lista nera” delle seguenti pratiche commerciali: 

Dichiarazioni di durabilità infondate (ad esempio, affermare che una lavastoviglie durerà 7.000 cicli di  lavaggio se ciò non è vero in condizioni normali). 

Indurre i consumatori a sostituire o rifornire i materiali di consumo di un bene (ad esempio, i  “consumables” cartucce per stampanti) prima di quanto sarebbe altrimenti necessario per motivi tecnici. 

È essenziale che qualsiasi comunicazione commerciale riguardante un prodotto includa informazioni chiare  e trasparenti riguardo a eventuali caratteristiche volte a limitarne la durata nel tempo, specialmente se il  commerciante è consapevole degli effetti di tali caratteristiche sulla longevità del prodotto. 

Inoltre, si richiede che le informazioni sulle garanzie legali e commerciali siano presentate in modo più  visibile, garantendo che i consumatori siano pienamente informati sui loro diritti. Introdurre una nuova  etichetta armonizzata può essere una soluzione efficace per evidenziare i prodotti che offrono una garanzia  estesa rispetto a quelli che non ne dispongono. 

Infine, è fondamentale richiedere che vengano fornite informazioni sulla riparabilità dei prodotti ai  consumatori. Questo permetterà loro di prendere decisioni più informate riguardo agli acquisti,  incoraggiando al contempo la sostenibilità e la riduzione degli sprechi attraverso la riparazione e il  mantenimento dei beni.

 

Rapporto con la Direttiva Green Claims 

La prossima iterazione della Direttiva EmpCo sarà arricchita dall’inclusione della Direttiva Green Claims,  attualmente oggetto di discussione presso la commissione del Parlamento Europeo. Quest’ultima  normativa sarà caratterizzata da una maggiore precisione e dettaglio, delineando le linee guida per la  presentazione delle affermazioni ambientali. Per esempio, secondo la versione attuale della proposta di  Direttiva Green Claims, le affermazioni riguardanti l’ambiente saranno soggette a una verifica indipendente  prima della loro divulgazione pubblica o dell’apposizione dell’etichetta corrispondente. Inoltre, le  informazioni alla base di tali affermazioni dovranno essere accessibili al pubblico tramite documenti fisici o  tramite link web, codici QR o strumenti equivalenti 

 

Prossimi passi 

La Direttiva EmpCo è ancora soggetta all’approvazione definitiva del Consiglio, dopo la quale verrà  pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Gli Stati membri dell’UE avranno quindi 24 mesi per recepirne i  contenuti nel diritto nazionale (previsto nel 2026). 

Non è però necessario attendere il recepimento di queste nuove norme, poiché su alcuni aspetti esse  chiariscono soprattutto ciò che è già vietato come pratica ingannevole. 

 

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